Me lo ricordo da sempre, Giovannazzo, identico a se stesso, immutabile, uguale a trent'anni prima, come se gli anni per lui non passassero mai. Aveva iniziato come fornitore di roba dalla campagna a casa di mia nonna, già nel 1948. Arrivava la mattina presto, verso le sette, su una bicicletta scassatissima con due panieri attaccati ai lati del manubrio. Nei panieri c'erano carne, uova, formaggio, olio, burro, pesce, frutta, vino, tutta roba che dalla campagna portava in città ai suoi clienti. Doveva essere stato povero davvero all'inizio Giovannazzo, e in effetti aveva fatto una vita di duro lavoro. Prendeva il treno dal paese la mattina alle cinque, alle sei era in città, il tempo di recuperare la bicicletta, e iniziava il giro dei clienti. Era evidente che aveva iniziato facendo la borsa nera durante la guerra, quando in città non si trovava da mangiare, e poi aveva continuato, essenzialmente con la stessa attività, anche se più lecita. A casa lo abbiamo sempre chiamato "Giovanni", ma in paese, come scoprì mio padre qualche tempo dopo, lo chiamavano "Giovannazzo".
Ha continuato a venire a casa dei miei genitori, Giovannazzo, fino a quando è stato in grado di farlo, quando aveva già almeno settantancinque anni, se non più, anche se il fisico asciutto lo faceva sembrare più giovane di vent'anni buoni. Era anni che non aveva più bisogna di lavorare, lavorando duro e risparmiando ancor più duro aveva messo da parte un patrimonio che gli avrebbe permesso di vivere di rendita. Patrimonio ovviamente depositato da nessuna parte, che credo non si sia mai fidato delle banche. Piuttosto, tenuto in contanti finchè non diventava abbastanza per comperare un pezzettino di terra. E, pezzettino dopo pezzettino, Giovannazzo aveva messo insieme ha una bella proprietà. Ma anche se benestante ha continua la vita di sempre fino alla fine; con meno clienti, si capisce, negli ultimi anni non si alzava alle cinque per caricare la bici di carne e uova per il guadagno che ne avrebbe ricavato. Piuttosto, credo lo facesse per mantenersi occupato e per continuare a rimanere in contatto con persone che conosceva da una vita.
Ha continuato fino alla fine ad arrivare prestissimo a casa di mamma, sedendosi in cucina a prendere un caffè e a chiaccherare. O meglio, a lasciar chiaccherare. Che quanto a discrezione circa la propria vita Giovannazzo non è stato secondo a nessuno: scoprimmo che era sposato dopo una buona ventina d'anni che veniva a casa nostra. Alla fine sapevano qualcosina in più di lui, per esempio che aveva due figli, emigrati all'estero. Fino alla fine ha continuato a portare roba squisita dalla campagna, ma, negli ultimi anni decidendo lui cosa portare a chi. Mamma non poteva più "ordinare", era lui che decideva ad esempio che il pesce che aveva trovato la mattina sarebbe piaciuto a mamma, o che la salsiccia che aveva preso era particolarmente buona e che mamma l'avrebbe dovuta fare al sugo.
Nei miei confronti aveva pensieri che ho sempre trovato commoventi. Sapeva ad esempio che adoro sia i fichi che i fichi d'india, e chiedeva a mamma quando mi sarei recato in visita filiale, in modo da lasciare i frutti sulle piante fino all'ultimo momento e poterli raccogliere esplicitamente per me.
Giovannazzo ha per decenni influenzato, se non addirittura in gran parte determinato l'alimentazione della mia infanzia ed adolescenza. Non che mi possa lamentare, casa era sempre rifornita di prodotti squisiti, freschissimi, e tutto sommato sanissimi...