La prima parte di questo libro si legge con grande piacere, ed il piacere è ancor più grande per chi, come il sottoscritto, da bambino ha abitato dalle parti di viale Michelangelo, quartiere epitomo, nella Palermo degli anni '60, del boom economico del dopoguerra, di una società che scopriva, sia pure attraverso mille contraddizioni, il benessere e usciva da una precarietà di antiche origine. Contraddizioni che si esprimevano nella convivenza, gomito a gomito, di una borghesia, di una classe media che per la prima volta esisteva e prendeve coscienza di sé nella città, con un sottoproletariato urbano che nelle borgate vicine aveva un'identità se possibile ancor più forte che nel centro della città, all'epoca quasi abbandonato a sé stesso.
L'autore esprime con grande senso dell'umorismo questa trasformazione sociale attraverso gli occhi di un bambino, ed è al proprio meglio quando narra alcune scene surreali, come il picnic domenicale nella casa in costruzione, i cui ambienti esistono già nella fantasia dei proprietari che, attraverso quella casa, accedono ad una nuova classe sociale.
Rimane invece misterioso cosa l'autore abbia volute dire, o concludere, nella sconclusionata e mediocre parte finale di questo breve libro, che contiene una serie di episodi sconclusionati e mal scritti, privi di alcun senso logico e di alcuna connessione con la parte iniziale del libro.
La mia domande è perché un editore come Sellerio non scelga di imporre un po' di serietà e qualità ai propri autori, specie quando questi hanno la capacità di produrre qualcosa di ragionevole?