Piergiorgio Di Cara è uno sbirro, uno vero, che si guadagna da vivere come Vicequestore Aggiunto a Palermo. È anche un bravo scrittore, uno che fino ad ora ha scritto soprattutto polizieschi, ambientati a Palermo, che risultano particolarmente convincenti anche perché traspare da ogni pagina che l'autore sa di cosa parla.
Piergiorgio Di Cara è anche uno di quei rari autori che acquisto a scatola chiusa, quando vedo un suo nuovo libro in vetrina lo compro senza neanche guardarci dentro (se Di Cara mai mi leggerà spero che apprezzi l'essere parte di un club molto esclusivo, sono pochi gli autori che acquisto a scatola chiusa!)
Anche questa volta quindi, adocchiato "Elvis e il colonnello" l'ho acquistato. Il titolo curioso mi aveva fatto domandare quale fosse la trama, ma appunto grazie al club esclusivo a cui Di Cara appartiene non mi sono poste troppe domande.
Il giorno dopo l'ho iniziato. E l'ho letto più o meno tutto d'un fiato, sorpreso di trovare una fiaba moderna, con protagonisti due giovani palermitani contemporanei che si ritrovano catapultati in un quartiere-ghetto abitato da persone di colore nella Memphis degli anni '50, agli albori dell'ascesa di Elvis Presley. Descritto così probabilmente il libro può sembrare essere strampalato, e invece Di Cara riesce a tessere questa fiaba guidando il lettore nella sospensione dell'incredulità fino in fondo. Come in tutte le fiabe che si rispettino i protagonisti corrono grandi rischi senza però che nessuno si faccia mai male davvero, e la narrazione riesce ad emozionare il lettore (almeno questo lettore!) nel toccare temi non banali come la segregazione razziale.
Con questo libro Di Cara ha dimostrato di sapersi anche distaccare dal registro narrativo del poliziesco (in cui senza dubbio eccelle, anche come già detto grazie all'esperienza diretta), e di essere quindi uno scrittore a tutto tondo. Non posso che augurarmi che in futuro la sua creatività ci riservi altre sorprese!